La storia inizia negli anni 90, quando la Kawasaki realizzò la ZZ-R1100, anche conosciuta con il nome NinjaZX-11.
La ZX-11 aveva un motore di 1052 cc 4 cilindri in linea, che erogava una potenza di 154 cv ed era la prima moto a montare un sistema di aspirazione denominato Ram Air intake.
Era la moto di produzione più veloce del mondo con i suoi 283 km/h, primato che ha mantenuto per circa 6 anni fino all’arrivo della risposta Honda, con la Blackbird nel 1996.
La casa di Tokyo presentò la CBR1100XX Super Blackbird, le sue intenzioni erano di avere la moto di produzione più veloce del mondo e il suo nome derivava dal jet Lockheed Martin SR-71, l’aereo più veloce del mondo in quel momento.
La Blackbird aveva un motore di 1137cc 4 cilindri in linea che erogava una potenza di 164 cv, 119 nm di coppia e le permetteva di raggiungere la velocità di 287 km/h.
In questa corsa alla moto più veloce era rimasta in disparte la Suzuki, che decise di entrare in gioco e presentò quella che divenne la moto più veloce di tutte, la GSX-1300R Hayabusa.
La Hayabusa fu presentata in anteprima nel 1998 al salone internazionale Intermot a Monaco di Baviera, dove fu annunciato il suo debutto sul mercato per l’anno successivo 1999.
La Hayabusa cambiò le carte in tavola rivoluzionando per sempre il mondo delle moto sportive. Profondamente diversa da qualsiasi altra moto vista prima di allora, la Hayabusa creò infatti la categoria delle hypersport e alzò l’asticella delle prestazioni a livelli mai raggiunti in precedenza da una moto di serie.
Il nome Hayabusa rendeva più che chiare le intenzioni di Suzuki; infatti, se Honda era stata sfacciata nel chiamare il suo bolide Blackbird, Suzuki sbattè in faccia alla Honda il nome Hayabusa, che in giapponese significa falco pellegrino (ndr Il falco pellegrino è noto per l’elevata velocità. Si ritiene possa raggiungere in picchiata una velocità massima di 385 km/h), che non solo è l’uccello più veloce del pianeta, ma si ciba principalmente di ……….blackbirds! (merli)
Era spinta da un motore di 1298 cc 4 cilindri in linea, con 175 cv e 138,2 nm di coppia a 7000 giri.
La Hayabusa grazie al suo potente motore combinato alla sua aerodinamica unica raggiunse la velocità record di 312 km/ e spazzò via definitivamente la blackbird.
Il collaudatore Suzuki, Yuichi Nakashima, ha detto della prima Hayabusa: “Posso dire che il motore della Hayabusa è così straordinariamente potente e messo a punto con precisione che non c’è niente di simile. Dopo averla guidata non vorrai guidare un’altra moto. Provala solo una volta, con la sua potente accelerazione dalle basse alle alte velocità e la sua agile manovrabilità, anche tu ne rimarrai affascinato “
Nel 1999 la Honda fece degli aggiornamenti alla sua Blackbird, introducendo l’iniezione elettronica, l’aspirazione Ram Air e altri miglioramenti, ma questi non furono sufficienti a scalfire la supremazia della Hayabusa, che rimase la moto di produzione più veloce del mondo.
Nel 2000 la Kawasaki che era stata per anni ai vertici, decise di rientrare in gioco, e iniziò la produzione della sua ZX-12R con un chiaro obiettivo: detronizzare la Hayabusa.
La zx12-R doveva secondo fonti Kawasaki raggiungere le 200 miglia orarie (circa 322 kmh), ma alla fine arrivò solo a 307 km/h, veloce si, ma non tanto da raggiungere la Hayabusa con i suoi 312km/h.
Ma proprio nel 2000 le cose iniziarono a cambiare.
I politici europei preoccupati per questa corsa alla moto più veloci, pensarono a delle normative per contrastare questi bolidi, l’idea era quella di introdurre il divieto per queste moto superveloci.
A questo punto i vertici della BMW, preoccupati per la piega che stava prendendo questa situazione, si schierarono con i politici e volarono in Giappone per incontrare i vertici delle case giapponesi coinvolte e da questo incontro nacque il famoso Gentleman’s Agreement, con il quale BMW, Ducati, Suzuki, Kawasaki e Honda si impegnarono a limitare elettronicamente le loro sportive ad una velocità massima di 299 Km/h o 186Mp/h.
Ad oggi ci sono molte moto che superano tale limite, quindi possiamo forse dire che il GA è ormai superato.